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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

Cosa c’è nel momento



Il momento è la nostra unità di misura. Potremmo dire così.


Nel mondo materiale tutto deve essere definito, le parole tendono a delimitare, specificano e spesso sono inesatte o inadeguate. “Le parole sono tenere cose” diceva un poeta e ho sempre sentito che in effetti andassero utilizzate con grande cura.


Nel grande lavoro su di sé, il linguaggio del sistema ha trovato un modo ingegnoso di piegare le parole al suo bisogno di esprimere concetti diversi. E nel mondo della Presenza? Come si fa a usare le parole per parlare della Presenza? Lo hanno saputo fare i grandi poeti, come Omero, Dante, Rilke, Whitman. I grandi libri, come il Mahabaratha, il Corano, la Bibbia. “Non nominare il nome di Dio invano” per me oggi chiede questo, l’impegno di evitare di parlare della Presenza invano. Eppure, sono qui che scrivo, che è un modo di parlare per iscritto.


Nella mia comprensione, l’unico modo di rendere questo non vano è essere nel momento. Non importano tanto le parole, i soggetti, il ritmo. Questo appartiene ancora al livello della macchina. Ciò che conta è essere qui ora e aprire i centri superiori al momento. Il resto arriverà.


Sentire l’aspro del limone, la croccantezza delle mandorle, il profumo del pane e miele, l’amaro del caffè. Il tavolo sotto le braccia, mia figlia che respira piano nel sonno, la morbidezza della gatta che miagola per l’appetito e si struscia sulle gambe, la luce fioca sul mobile giallo. I sensi sono una finestra spalancata sul momento.

Solo lasciando entrare il momento, collegandomi a esso, supero le contraddizioni, unisco i livelli del mio esistere e ho una possibilità.


Il lavoro sulla macchina, gli sforzi, la separazione dall’immaginazione, la trasformazione delle emozioni negative, tutto ciò continua quasi in sottofondo. La scuola ha speso anni a insegnare a me e a tutti gli studenti a farlo bene. Il maggiordomo pulisce, strappa le erbacce, riordina.


Intanto, si spalanca il momento presente con tutto ciò che contiene.


Whitman lo descrive (anche) così:

“Vedo qualcosa di Dio in ogni ora delle ventiquattro, in ogni loro istante,

Vedo Dio in ogni volto umano e nel mio allo specchio,

Trovo lettere inviate da Dio per le strade, ciascuna firmata col suo nome,

E le lascio dove si trovano, perché io so che, dovunque mi diriga,

Altre ne arriveranno puntualmente, sempre e per sempre”.

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