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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

La distanza che ci separa


Da molti anni osservo che durante le fasi lunari estreme, di luna piena e nuova, si verificano più frequentemente dei tipici malintesi che mi sono abituato a chiamare ‘da luna’. Quello che succede tipicamente è che chi ascolta interpreta in modo completamente sbagliato - talvolta con effetti comici - ciò che viene detto.


Il più delle volte, ciò causa dei litigi.

“Non ho mai detto questo.”

“Come puoi dirlo? Ti ho sentito con le mie orecchie.”


Ma il malinteso non è necessariamente associato con la negatività. Anche in momenti in cui c’è serenità e armonia queste clamorose incomprensioni si verificano, magari suscitando una risata.


“Perché mi hai portato questa pesca?”

“Ma me l’hai appena chiesto.”

“Dicevo che oggi è giornata ideale per la pesca. Andiamo?”


Quando parliamo, lasciamo un enorme spazio ‘grigio’ che viene riempito dall’interpretazione di chi ascolta. Più la persona è in stato di immaginazione, più quello che riceverà sarà distante dal messaggio inteso.


Di solito questa zona grigia è attenuata dal fatto che chi parla e chi ascolta si trovano nella stessa bolla culturale. Abitudini, terreno comune, espressioni ‘formatorie’, ripetitive e codificate dall’uso, rendono automaticamente fluide gran parte delle conversazioni e si prendono cura in automatico di assicurare un elementare livello di comprensione. Ma ora che mi trovo in India, ad esempio, vedo ogni giorno come, a causa del modo in cui pongo le mie domande, mi viene spesso risposto ‘no’ quando la risposta è sì, e viceversa. Quello che succede è che, a causa del mio diverso accento, le persone non comprendono che il 50% di quello che dico, e tirano a indovinare riguardo la parte che non hanno capito. Tirando a indovinare, necessariamente utilizzano per rimpiazzare le parti mancanti del discorso le forme verbali frequentemente usate nella loro lingua, diverse da quella che ho appena utilizzato io. Persino nelle interazioni estremamente semplici dove sembrerebbe non esserci spazio per malintesi. Ad esempio potrebbero pensare che, in cerca di un vasetto di zucchero, io abbia chiesto:


“Questo è sale, giusto?”

E invece ho chiesto:

“Questo non mi sembra sale, giusto?”

Con risultati ‘salati’.


Analogamente, ho imparato che quando un indiano usa il ‘too much’, ‘too close’, e via dicendo, non significa troppo, troppo vicino; ma semplicemente: molto, molto vicino (Tranne quando davvero significa troppo… va interpretato ogni volta). E che se dicono ‘Tomorrow’ potrebbero voler dire domani, ma anche ieri, dato che in hindi esiste solo indicazione del giorno prossimo, adiacente a questo, senza specificare se sia nel passato o nel futuro. In questo caso è il verbo (se c'è) a rivelare l’arcano: “Tomorrow I went to buy this mango.”


Non credere che la tua lingua non abbia simili trappole, che sembrano predisposte per i malintesi ‘da luna’: ne è piena.


Quando leggiamo un contenuto su un social media, lo leggiamo con un atteggiamento completamente diverso se all’inizio lo associamo con il partito per cui votiamo o che avversiamo, la persona che ci piace o che detestiamo. Ogni parola, ogni pausa, ogni passaggio lasciato a libera interpretazione (e sono sempre moltissimi) verrà agguantato, come un bastone, dalla parte dell’ “è giusto” o dell’ “è assurdo” a seconda di quale bocca trasmette il messaggio, quali associazioni usa, a quali episodi (interpretati in quale modo) si riferisce. Forse avete avuto l’esperienza di giudicare malissimo un’affermazione, per poi scoprire che non era stata detta dal vostro ‘nemico’, ma dal vostro ‘amico’, e verificato come si fa presto a fare un’inversione a U rispetto a un’interpretazione.


Inoltre, siamo tutti terribilmente deboli per quanto riguarda l’attenzione, e facilmente distratti.


Ogni volta che scrivo un post, sono molto colpito come ci sia immancabilmente qualche commento che si sofferma su una parte accessoria, casuale e assolutamente non importante del testo. Se uso brevemente l’esempio di un cane rabbioso che morde come metafora della negatività, posso stare certo che qualcuno commenterà riguardo ai cani e ai morsi, al modo giusto di educare un cane perché non morda, e così via. E, a causa del meccanismo dell’imitazione di cui abbiamo tanto parlato, ogni commento fuori luogo genererà una valanga di altri che lo seguono.


Recentemente abbiamo pubblicato nella pagina aperta un post che rinnoviamo continuamente, con poche varianti, e che si chiama “Una finestra sulla presenza”. Questo post segnala l’esistenza del nostro gruppo Facebook e permette a chi è interessato di iscriversi.


Ogni mese cambiamo l’immagine che lo accompagna, e stavolta è stato il turno del Bacco di Leonardo, la stessa immagine che inserisco oggi. Il numero di commenti su Leonardo, sul gesto, sulla luce, sulla nudità del soggetto e sul suo apparire ‘ambiguo’, persino sul fatto che, per qualche misterioso subdolo motivo, stiamo tenendo nascosto che il quadro è di Leonardo, e molti altri commenti su dettagli del tutto irrilevanti (quando non si tratta di commenti apertamente offensivi riguardo aspetti che non ci sogniamo minimamente di toccare).


Nessuna di queste persone sembra aver letto il testo, o essere interessata ad esso. Non è sul contenuto che commentano. Tanto che ormai per abitudine, ogni mattina, vado al post e cancello un paio di questi commenti bizzarri e fuori tema. Non per censura, ma per ripulire dagli elementi che distraggono dal contenuto e con la loro continua e veloce crescita impediscono di fatto, come erbacce trascurate da anni, di vedere il giardino.

La fragilità della nostra povera attenzione è sconcertante.


Prendendo questo testo, ad esempio, ognuno lo ‘capisce’; ma lo capisce a modo suo, riempiendolo di associazioni personali, segnando dei punti di ‘assenza’ in tutti quei passaggi dove invece di leggere con attenzione, con le parti intellettuali dei centri, si era in immaginazione e si pensava a dove andare nel weekend. Basta una singola parola in una singola frase a scatenare in noi una reazione che ci porta lontano dal contenuto, in un istante. Mi sono abituato a salutare con gratitudine che un elemento o due vengano afferrati e usati.


La distanza che ci separa è fatta del sonno di ciascuno. Non c’è contatto tra due persone, a meno che non siano entrambe presenti.

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