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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

Père Lachaise


Stamattina avevo un paio di ore libere prima di ripartire da Parigi, ed essendo vicino a Père Lachaise ho deciso di farci una passeggiata.


Chi ci è stato conosce l'atmosfera: 44 ettari di parco con alberi secolari e tombe di parigini e non, famosi o meno, il tutto accompagnato da alcune tombe le cui sculture potrebbero stare in qualunque museo.


I cimiteri, spogliati dall'idea della morte come un tabù, così forte nella nostra cultura, hanno il potere di portare al punto essenziale della vita. Questo, per la mia comprensione, va oltre il 'chi vuol esser lieto sia, di domani non v'è certezza', che può spingere a voler buttarsi di più nelle esperienze del nostro quotidiano, spesso con più identificazione. È la vita come esercizio di morte. 'La vita è reale solo quando Io sono', ha scritto Gurdjieff, e perché Io sia, tutti i miei piccoli io devono morire, con il senso di appropriazione che spinge per emergere in ogni momento della nostra vita. Le nostre identificazioni, io di giudizio, opinioni, senso di importanza (che è anche auto commiserazione).


I centri superiori possono manifestarsi quando trovano uno spazio in tutto questo.


Al contrario della morte del corpo fisico, per cui non c'è bisogno di alcuno sforzo, il morire a sé stessi ne richiede molti, e da un certo punto in poi, a cui si arriva, credo, solamente con aiuto esterno, il lavoro richiesto è quello di arrendersi, e di lasciar andare anche quella parte di noi che fa gli sforzi (il livello del maggiordomo)


Questo è la liberazione più grande.


"...morire è qualcosa di diverso da quello che si suppone,

qualcosa di più fortunato."


Walt Withman

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