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Ridere

Immagine del redattore: Il Ricordo di SéIl Ricordo di Sé

(Questo post contiene molti termini tecnici della Quarta Via: se non li conoscete, andateli a cercare usando la lente di ingrandimento e li troverete in molti post precedenti).


Ouspensky lo spiegò bene: quando un’impressione viene ricevuta simultaneamente in due diversi centri o parti di un centro, si produce la reazione del ridere. Poiché ogni centro, e ogni parte di centro, vede il mondo da un punto di vista unico e differente, avviene che un centro sia contento dell’impressione e un altro ne sia magari disperato. È una delle conseguenze della nostra frammentazione. La risata, con il suo convulso espellere in convulsioni simili alla tosse, è un modo di liberarsi di questa insostenibile contraddizione.

Penso alla più elementare delle barzellette che ho sentito da bambino: come fanno quattro elefanti a stare in una cinquecento? Due davanti e due di dietro.


Una risata è un cortocircuito.


Da questo punto di vista possiamo dire che è un respingente, dato che espelle certe impressioni indigeribili, come quando si sputa un boccone disgustoso.


Una impressione è qualcosa che entra in noi, una espressione - come una risata - è qualcosa di cui ci liberiamo. (Per chi conosce la Legge del Tre, si tratta del processo di Eliminazione).

Diversi autori riportano il fatto che Cristo ‘non ride mai.’ (Non è del tutto vero, nei vangeli apocrifi ride). Vediamo a cosa si deve questa condizione del non ridere.


Una impressione neutra viene a colpire i nostri centri a livello del mondo 48: un livello funzionale, senza emozione o particolare interesse. Dov’è la maglietta blu? Nel terzo cassetto. A che ora hai il dentista? Alle 4. La nostra giornata si svolge attorno all’Idrogeno 48: funzionale, pratico, che non suscita particolari emozioni. Il mondo della personalità.

Poi all’improvviso, qualcuno - magari nostro figlio di 3 anni - se ne esce con qualcosa di spiazzante.


Cerco rapidamente su internet “Cose ridicole dette da un bambino” e trovo subito: “Mio figlio mi ha chiesto perché il mio seno casca giù.”

Come vedete, questa frase può ben essere ricevuta da due parti in noi, dato che qualcosa che non dovrebbe essere detto viene detto, o forse anche più di due. Una ne è offesa, un’altra vuole ad esempio educare la persona a esprimersi in modo diverso, una terza riflette sull’oggettivo decadere del corpo…


Non sentendoci autorizzati a mettere K.O. nostro figlio con un pugno al mento - e c’è una parte in noi che lo vorrebbe - ridiamo.

Espellendo, in qualche modo armonizziamo queste contraddittorie risposte della nostra macchina.

Altro esempio: un amico inglese mi racconta che nel primo dopoguerra, un giorno di nebbia intensissima che aveva completamente avvolto il canale della Manica, che separa Francia e Inghilterra, un giornale uscì con il titolo: “Nebbia totale: Europa Isolata dall’Inghilterra.”


E qui arriviamo alla seconda notazione di Ouspensky riguardo alla risata:


“In qualche modo, in una scala piccola, questo tipo di reazione (il trovare divertente la ridicola vanità del giornalista inglese, abituato a considerare il suo popolo imperatore del mondo fino a non vedere l’evidenza) produce qualcosa di molto simile al ricordo di sé, su una scala piccola. La capacità di ridere, al nostro livello, può aiutare la digestione delle impressioni e, nel nostro stato, si rivela una qualità piuttosto utile.


Paradossalmente, e per la prima volta in vita mia, mi ritrovo a tradurre ciò che Ouspensky dice, in termini del vocabolario della quarta via. Ridiamo quando riusciamo a elevare una impressione del mondo 48 - o addirittura 96, negatività - in qualcosa di, seppur vagamente, emozionale. Ridere crea una forma elementare di emozione. Improvvisamente la banalità, il lapsus involontario detto da qualcuno, ci rende un pochino più emozionali: da 48 l’idrogeno è diventato 24. Il nostro stato è salito: da personalità a essenza. Nel caso del bambino che fa il commento inappropriato sul seno, la mia giornata si trasforma da una in cui 'non è successo niente' a qualcosa che ricorderò e forse gli racconterò molti anni più avanti, quando il bambino sarà diventato un saggio adulto. La giornata ha acquistato una scintilla emozionale grazie a quel momento scomodo.


Allora perché Cristo ‘non ride mai’? Perché per chi è abitualmente nel mondo 12 o 6, il mondo 24 rappresenta un regresso, non un progresso - un discendere di stato. Tutto è relativo. Uno stato è buono a cattivo a seconda di dove ti trovi.

Come ho già avuto modo di scrivere, se un nostro amico è depresso e negativo, forse una battuta è un modo di risollevarlo.


Amico negativo = idrogeno 96, forza passiva nella triade

La mia battuta: idrogeno 24, forza attiva.

La risultante, forza neutralizzante, si trova sempre nell’idrogeno mediano: idrogeno 48. Infatti diciamo che l’amico ‘comincia a ragionare.’


Allo stesso tempo, se mi trovo in un quieto stato di presenza assieme ad amici studenti, il desiderio di venir fuori con una battuta improvvisa rivela l’intenzione di boicottare questo stato magico e far discendere tutti. (Chi può essere così pazzo da voler uscire dal Paradiso? Il nostro centro istintivo, che non comprende le cose spirituali e le considera un pericolo per la nostra sicurezza; oppure certe parti del centro emozionale, che considerano la pace interiore ‘noiosa’).


La battuta sarcastica può essere un modo di essere violenti in una maniera socialmente acccettabile. Le frecciatine, i soprannomi - servono a sminuire e attaccare. Per questo, nella nostra scuola abbiamo l’esercizio di non praticare il sarcasmo e di non dare soprannomi; poiché se ti attacco, ti porrai sulla difensiva e non potrai essere in essenza (siamo più facilmente nello stato di essenza quando ci troviamo ‘tra amici’, in un ambiente naturale, riposante, non minaccioso). Non potrai fiorire.


La condizione che il sistema chiama considerazione esterna si pone il problema, quando siamo con gli altri: “Come posso favorire in questa persona uno stato più alto?” È questa la forma che prende l’amicizia tra persone che hanno un centro di gravità permanente.

Infine, la risata nell’autoritratto di Rembrandt che vedete nel post, appartiene ai centri superiori.


È la risata libera di un uomo alla fine della vita, in bancarotta, indebitato, con familiari morti, e tuttavia libero da attaccamento ai dettagli pratici della sua esistenza materiale; una risata che non nasconde la sofferenza, ma la trascende.

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